Il rumore di un panariello scosso. Una grande tombolata che prende avvio. Numeri che diventano persone, e persone che diventano numeri. Forme, sembianze, suoni e colori diversi; ogni estrazione ha i propri. La danza, le proiezioni, la musica e le parole scandaglieranno il concetto profondo di tradizione. E allora scuotiamo il panariello, tiriamo fuori i numeri, e vediamo che succede. Per chi vuole mettersi in ascolto del proprio dáimōn, e farlo risuonare dentro di sé; per chi vuole sentire le tradizioni della propria terra attaccarsi sulla pelle e, contemporaneamente, avanzare nei corpi di danzatori; per chi crede che un racconto personale possa diventa la storia di tutti. “Diciassette” spezza il consueto trade-off tra tradizione e innovazione per trasportare tutti lungo un continuum in cui è ben chiaro l’inizio ma non si conosce il punto di arrivo. Le proiezioni nel retro, sgranate, comunicano da un mondo arcaico e remoto dell’aldilà, un limbo in cui si resta sospesi e disarmati, prima di essere catapultati magicamente nell’aldiquà, nell’attualità e modernità della performance.