Non tanto un progetto quanto una ricerca che tento progressivamente di portare nella mia vita e nel mio lavoro di facilitazione culturale. Uno sforzo costante di coerenza nello spazio di un’identità instabile. Stare nel movimento dell’essere senza rimanere disorientati e persi, e senza ignorarlo o negarlo. Ci sono tanti modi di dire l’essere. Il discorso che scorre, la parola dialogata, è luogo dove la verità vive, senza mai esistere. Allo stesso modo dentro all’agire, al di là dell’essenza, si trova un bene prezioso che non può manifestarsi altrimenti che nei rapporti tra le “cose”. Sono essi stessi “identità”? Uno dei modi, ubliato dalla società sedentaria, e di cui tentiamo il riscatto in un nomadismo contemporaneo individualistico e perso. Laddove sembra che si resti felici nel radicamento, non è forse anche lì l’essere in movimento? E’ davvero impossibile oggi riconoscere una fede in questi vari modi di stare al gioco. In fondo però, non c’è, forse, ragione di temere che le radici ci rendano immobili…? E che il nuovo ci renda liberi?